giovedì 12 marzo 2015

Le educatrici del nido d’infanzia Il Germoglio di S. Benedetto Po hanno riassunto alcuni concetti emersi durante la serata per le famiglie dal titolo: IO SONO IO. TU SEI TU. E NOI? svoltasi lo scorso 3 marzo 2015 presso il loro nido.
Ringraziandole, riportiamo qui sotto il loro contributo e invitiamo educatrici o genitori che vogliano inviare altro materiale a farlo all'indirizzo terredeigonzaga@gmail.com 

Lettura introduttiva: PICCOLO UOVO, NESSUNO E’ PERFETTO
di Francesca Pardi ed. Lo Stampatello

Il punto di partenza della serata è la differenza come valore. Che tipo di incontri facciamo con la differenza? Quali difficoltà incontriamo? Quali strategie mettiamo in atto? Quali risorse ci mancano?
IOà quello che penso, che valore ho come persona…
TUà il mio rapporto con te
NOIà come famiglia, come famiglia in rapporto alla società, il rapporto con gli amici…
Ci sono tanti livelli di relazione, di cultura, di sapere… che influiscono sulla lettura della differenza.
Dal punto di vista delle pari opportunità nella società il punto di vista femminile non è espresso, c’è omologazione col maschile. Bisognerebbe passare dall’omologazione alla differenza per valorizzare l’individualità di ciascuno.
Una mamma chiede alle educatrici qual è l’approccio che adottano con bambini diversamente abili? Alcune educatrici rispondono che l’approccio è uguale per tutti i bambini perché nella fascia d’età da nido la comunicazione si esprime attraverso più canali: il gioco, i gesti, il contatto, le coccole, la relazione per cui è possibile trovare la modalità più idonea per interagire con ciascun bambino.
Qual è l’atteggiamento dei bambini di fronte alla diversità? I bambini nell’età del nido sono estremamente aperti perché sono in una fase di conoscenza di tutto ciò che li circonda. Il bambino percepisce la differenza ma non si ferma solo a quella, riesce ad andare oltre. L’influenza dell’adulto può trasmettere pressioni ma anche aperture.
Le persone nella relazione con l’altro si costruiscono dei confini a più livelli: tra singoli e tra gruppi. Nella differenza d’appartenenza ad un nucleo gli individui costruiscono dei muri, delle rigidità, “l’estraneo fa paura e non lo voglio conoscere”. La società stessa dà dei messaggi, delle categorizzazioni che non facilitano la relazione con l’estraneo.  L’appartenenza ad un gruppo dà sicurezza. Lasciare ciò che è conosciuto  comporta uno sforzo emotivo e cognitivo; sarebbe auspicabile avere un approccio di apertura all’altro per conoscerlo nel rispetto di ciò che è.
Impatto dell’immagine nella conoscenza à è la prima etichetta che applichiamo, la prima lettura superficiale che condiziona il nostro approccio.
L’esperienza di una persona dà il livello con cui si approccia al nuovo: “posso affrontarlo, devo stare lontano, è troppo per me…”                             
Sarebbe importante mettersi ogni tanto in discussione come persona, come genitore, come educatore; mettersi in un’ottica di dialogo, di confronto e chiedersi se “ciò che ho detto, o il gesto fatto è il messaggio che volevo trasmettere (ad es. a mio figlio, o all’altro che ho di fronte)?”
Anche la differenza di genere può essere vista nel contesto più ampio della differenza in generale. Il problema non è la differenza di genere ma come si sta all’interno di essa. Bisognerebbe connotare la differenza per come una persona è, nel suo essere reale, non come uomo o donna. Ognuno dovrebbe essere valorizzato per sé stesso. Fare le cose uguali non vuol dire fare giustizia, bisogna fare ciò di cui le persone hanno bisogno.  



Le educatrici del Nido Il Germoglio

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