domenica 19 gennaio 2014

Un po' di noi... 
I nidi raccontano idee e percorsi progettuali

Nido d'infanzia La Tartaruga di Porto Mantovano

Questione di diritti


Ci preme, in questo blog, far conoscere una particolarità dei progetti di sezione pensati per questo anno scolastico in cui crediamo molto.



Ogni sezione cercherà di sviluppare tre diritti dei bambini: 

La sezione piccoli rifletterà sul diritto all'ozio, diritto a un buon inizio, diritto al silenzio.

La sezione medi si occuperà di diritto agli odori, diritto all'uso delle mani, diritto alle sfumature.

La sezione grandi si occuperà del diritto a sporcarsi, diritto alla strada, diritto al selvaggio.

Anche il progetto comune di nido seguirà la scia riflessiva dei diritti e, nello specifico, del diritto al dialogo.

Di seguito riportiamo, nel dettaglio, i diritti a cui faremo riferimento.

  1. Il diritto all’ozio
Siamo nell'epoca in cui tutto è programmato, curriculato, informatizzato. Ai bambini e alle bambine offriamo praticamente una settimana programmata nei minimi dettagli. Spesso le loro iter scolastici, le loro carriere, sono praticamente predefiniti da noi adulti. Non c'è spazio per l'ozio, l'imprevisto, l'auto-organizzazione infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati. Non c'è, da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti autogestiti. È ingiusto pensare al tempo dei bambini e delle bambine esclusivamente come un tempo di preparazione a "quando saranno adulti, con un loro lavoro"? È importante la meta, ma è altrettanto importante il "cammino" che si fa per giungere a quel traguardo. L'infanzia va vissuta in quanto tale e non solo come periodo di preparazione all'età matura. Si tratta perciò di imparare a "camminare" sapendo che educazione è anche "fare strada insieme", attenti a ciò che ci viene incontro in maniera imprevista. E forse, come afferma il Piccolo Principe, capiremo che "l'essenziale è invisibile agli occhi". E' indispensabile, per noi grandi, prendere coscienza che il tempo del gioco, il tempo dell'ozio, il tempo del "non far niente insieme agli amici" è importante. E tutto questo anche senza la presenza di noi adulti. I bambini e le bambine hanno bisogno di scoprire da soli quelle che sono le regole dello stare insieme, del giocare nello stesso luogo. Solo così matureranno e faranno proprie le "regole fondamentali di convivenza". Saranno regole, a quel punto, acquisite naturalmente nella coscienza personale e non imposte dagli altri, dall'adulto, dall'alto.

2. Il diritto a sporcarsi

L'epoca attuale è quella del look, delle cartelle firmate, delle riviste di moda e dei negozi di abbigliamento per l'infanzia, dei bambini col cellulare. Ma il nostro è anche il tempo del "non ti sporcare", "stai attento", "ma cosa mi hai combinato?!". Credo che i bimbi e le bimbe abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali: la sabbia, la terra, l'erba, le foglie, i sassi, i rametti, la neve, l'acqua,... Quanta gioia c'è, nei bambini e nelle bambine, quando pastrocchiano in una pozzanghera o in un cumulo di sabbia o di neve. Però queste, a detta degli esperti, rischiano di essere attività poco igieniche. Nulla si dice sulla poca igienicità di una moquette, delle paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano e manipolano i bambini e le bambine soprattutto nelle scuole. Proviamo ad osservare attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi organizzati oppure quando siamo in un boschetto o su un prato. Sarà interessante scoprire che un bimbo o una bimba sono capaci di giocare per ore con le poche cose trovate per terra, le foglie d'erba, un po' di sabbia, alcuni bastoncini o ciottoli. Sono sufficienti uno spazio all'aria aperta, qualche semplice oggetto che l'ambiente naturale ci regala, un po' d'acqua e... un clima sereno. In questa semplicità emerge un grande messaggio educativo per i mondo di noi adulti: i bimbi e le bimbe ci insegnano che non hanno bisogno di giochi e giocattoli complicati ed elaborati, ma che si accontentano delle piccole e semplici cose che la natura di offre, in un clima sereno e accogliente.

3. Il diritto agli odori

Oggi il rischio è quello di mettere tutto "sotto vuoto". Nel percorrere le nostre città e i nostri paesi è difficile poter distinguere luoghi tipici, percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa. Pensiamo alla bottega del fornaio, all'officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio, al falegname, alla farmacia. Questi luoghi emanavano odori speciali, di cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre. Oggi entrare in una scuola (chi non ricorda l'odore del primo giorno di scuola), in un ospedale, in un supermercato o in una chiesa spesso significa respirare ed annusare lo stesso odore di detergente. Non ci sono più differenze. Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive. Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe selvatiche? Sono sensazioni che dal naso passano direttamente al cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra esistenza. Non possiamo derubare il mondo dell'infanzia di questa grande opportunità: il diritto al proprio naso.

4. Il diritto a prendere la parola

Dobbiamo constatare sempre di più la triste realtà di un sistema di comunicazione e di informazione "unidirezionale". Da una parte la TV, i giornali, i mass-media, dall'altra gli ascoltatori, i telespettatori che subiscono passivamente. Siamo al monologo. Un tempo si poteva entrare tranquillamente nelle case e si poteva chiacchierare al caldo del camino o della stufa. Oggi al centro non c'è più il fuoco, ma la televisone e, possibilmente, sempre in funzione. Si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici "a televisione accesa". Un calcolo matematico (approssimato e per difetto) ci dice che se un bambino o una bambina seguono la TV per 2 ore al giorno, moltiplicato per circa 360 giorni all'anno, abbiamo un totale di 720 ore. Se dividiamo per le 24, cioè le ore di un giorno, otteniamo 30. Trenta giorni, cioè un mese ininterrotto (24 ore al dì) di televisione all'anno. E questo non è certo dialogo. Con la televisione non si "prende la parola". Cosa diversa è il raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini. In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire, dialogare.

5. Il diritto a saper usare le mani

La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L'industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti "usa e getta", che non possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano dell'apporto creativo della manualità del bambino o della bambina. Oggi, poi, anziché i calcio-balilla, nelle sale giochi o nei circoli ricreativi, ci si abitua al video-gioco. E nel contempo mancano le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità fine. Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano piantare chiodi, segare, raspare, scartavetrare, incollare... anche perché è difficile incontrare adulti che vanno in ferramenta a comprare i regali ai propri figli. Quello dell'uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società post-industriale e rischiamo di avere bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer, ma incapaci di usare un martello o un paio di pinze.

6. Il diritto ad un buon inizio

Qui mi riferisco alla problematica dell'inquinamento. L'acqua non è più pura come cantava San Francesco, l'aria è intrisa di pulviscoli di ogni genere. Non meravigliamoci, perciò, della esplosione delle allergie, che colpiscono oggigiorno una buona percentuale di popolazione. La terra è fecondata dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo e del progresso. Eppure in quel "tornare indietro" che molti di noi hanno vissuto fra il 1973 e il 1974, con la famosa "austerity", abbiamo ritrovato il gusto della città, lo stare insieme in maniera conviviale, divertente, spensierata, senza l'assillo dell'automobile e del tempo. È questo che spesso i bimbi e le bimbe ci chiedono. Da qui l'importanza dell'attenzione a quello che "fin da piccoli si mangia", "si beve" e si respira.

7. Il diritto alla strada

La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto. La strada e la piazza dovrebbero permettere l'incontro. Oggi sempre più le piazze sono dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo motorizzato. Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamento. É praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza, spostarsi in bicicletta. Gli anziani sono continuamente in pericolo in questi luoghi. Dobbiamo renderci conto che, come ogni luogo della comunità, la strada e la piazza sono di tutti, così come ancora è in qualche nostro piccolo paesino di montagna o in molte città del Sud del mondo.

8. Il diritto al selvaggio

Anche nel cosiddetto tempo libero tutto è preorganizzato. Siamo nell'epoca dei "divertimentifici". Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney, Gardaland, Mirabilandia... parchi gioco programmati nei dettagli. E così è nel piccolo, nei parchi pubblici e nel verde delle città, compreso l'arredo urbano. Certo, nulla da eccepire riguardo l'aspetto estetico. Ma dov'è la possibilità di costruire un luogo di rifugio-gioco, una capanna di legno, dove sono i canneti e i boschetti in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi? Il mondo è fatto di luoghi modificati dall'uomo, ma è importante che questi si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati allo stato naturale. Anche per l'infanzia.

9. Il diritto ad ascoltare il silenzio

I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma le orecchie sono sempre aperte. Così sono sottoposte continuamente alle sollecitazioni esterne. Mi sembra ci sia l'abitudine al rumore, alla situazione rumorosa, a tal punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile partecipare a feste di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da musiche assordanti. E così accade anche a scuola. L'immagine emblematica di tutto ciò è data da coloro che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si portano nella natura, per una bella passeggiata, con le cuffie del registratore portatile ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell'acqua. Questo significa diritto al silenzio, ad educarci all'ascolto silenzioso.

10. Il diritto a percepire le sfumature

La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c'è. Nelle nostre case l'elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall'una all'altra situazione. Quel che più è grave è che poche persone, pochi bambini o bambine, riescono a vedere il sorgere del sole, cioè l'aurora e l'alba oppure il crepuscolo o il tramonto. Non si percepiscono più le sfumature. Il pericolo che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o bianco si rischi davvero l'integralismo. In una società in cui le diversità aumentano anziché diminuire, quest'atteggiamento può risultare realmente pericoloso. È una riflessione che ci interpella tutti.

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